Nei paesi che si affacciano sulla sponda meridionale del Mediterraneo è in corso un grande movimento di liberazione dall’oppressione di regimi autoritari che per decenni hanno conservato il potere e lo hanno esercitato senza rispettare i più elementari principi della democrazia. Partita dalla Tunisia, spostatasi in Egitto e poi in Libia, e infine in Yemen e in Siria, l’onda della protesta si è estesa a tutto il Nord Africa e in parte al Medio Oriente, scuotendo alle fondamenta l’ordine politico dell’intera regione.
Nei paesi che si affacciano sulla sponda meridionale del Mediterraneo è in corso un grande movimento di liberazione dall’oppressione di regimi autoritari che per decenni hanno conservato il potere e lo hanno esercitato, a volte in maniera violenta, senza rispettare i più elementari principi della democrazia.
Con la crisi libica e le rivolte scoppiate in Egitto e in Tunisia il Mediterraneo è tornato al centro della scena geopolitica mondiale, configurandosi come un’area strategica per i rapporti di forza tra Stati Uniti, Unione europea e Medio Oriente. Da un’analisi delle dinamiche sottese all’intervento militare in Libia emergono con chiarezza le divergenze tra Italia, Francia e Germania, l’inedita cautela degli Stati Uniti, l’ambiguità di Mosca e Pechino e quella dei rapporti dell’Occidente con la Lega araba.
La Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la quale è stato approvato l’intervento della cosiddetta “coalizione dei volenterosi” in Libia lascia aperti numerosi interrogativi a livello internazionale in merito ai rapporti di forza tra i paesi europei, all’assetto istituzionale della nuova Libia, alla legittimità dell’uso della forza, alle reali ragioni delle posizioni russa e cinese e alle possibili conseguenze per il nostro paese.
A dispetto del miope entusiasmo dell’Occidente, convinto che la rivoluzione libica si sarebbe risolta in modo rapido e relativamente pacifico al pari di quelle tunisina ed egiziana, le proteste contro il governo di Tripoli hanno mostrato da subito caratteri del tutto peculiari. La deriva libica è la dimostrazione di quanto l’uso della violenza da parte dei manifestanti e l’assenza di alleanze strategiche internazionali possano influire sugli esiti di una rivoluzione di piazza.
Il mondo arabo è attraversato da un’ondata di proteste che non riguardano solo il benessere economico, ma anche la libertà e i diritti. L’Occidente è chiamato a un’importante sfida di mediazione tra interessi economici e difesa dei diritti umani: di sicuro questa volta non può rimanere passivo, a rischio di essere accusato di complicità con i regimi repressivi dei paesi in rivolta.
Nata ottant’anni fa come organizzazione dagli intenti benefici e luogo di discussione civile, la Fratellanza musulmana ha mutato metodi e intenti nelle diverse fasi della storia egiziana, sempre in bilico tra legalità e illegalità, pacifismo e violenza. I rivolgimenti di questi mesi rendono concreta l’ipotesi di un ingresso del movimento sulla scena politica: una sfida per i Fratelli musulmani, ma anche per l’intero paese, chiamato alla più grande svolta democratica della sua storia.
Le spinte democratiche che stanno modificando l’assetto politico mediorientale potrebbero contribuire a sbloccare la situazione israelo-palestinese, ma non senza l’azione della comunità internazionale, che nel pieno rispetto del movimento sionista dovrà aiutare gli israeliani a comprendere che una posizione di netta intransigenza è d’ostacolo innanzitutto a loro stessi.
In questo momento fatale, in cui l’Europa è obbligata a volgersi a Sud, le migrazioni tra l’Africa e l’Europa si impongono come questione decisiva. Per affrontare l’emergenza evitando disastri occorre guardare indietro e avanti, senza fermarsi alle urgenze, vere e presunte, di questi giorni. Interrogarsi sugli scenari possibili è auspicabile e persino doveroso nella misura in cui ciò possa contribuire a ridurre il tasso di impreparazione e improvvisazione nella gestione degli arrivi.
Le rivoluzioni in Nord Africa hanno visto il massiccio coinvolgimento delle donne, che sono scese in piazza al fianco degli uomini per reclamare libertà e rispetto dei diritti. Un passo importante, ma non risolutivo. La vera sfida, adesso, è quella di coinvolgere le donne nell’elaborazione di nuove politiche all’insegna della dignità e della parità: in altre parole, di una democrazia reale.
I recenti sviluppi politici in Africa settentrionale e Medio Oriente hanno spinto verso l’alto le quotazioni del petrolio e l’Italia, principale partner energetico di Libia e Algeria, teme per la sicurezza delle sue forniture. I rischi reali sono molto limitati, ma il perdurare della paura sui mercati potrebbe comunque avere conseguenze nefaste per le nostre economie.
L’opinione pubblica si interroga spesso sugli orientamenti culturali, sociali e politici dei cattolici italiani. Non è facile, però, capire come si formano tali orientamenti. Dove pensano i cattolici? Quali sono i luoghi in cui nascono idee e posizioni che poi diventano prevalenti?
Un pontificato “monastico”: di fronte alla dissoluzione morale del mondo contemporaneo, il papa propone il modello dei monaci dei primi secoli. Ma la dialettica tra primato petrino e collegialità appare irrisolta in Benedetto XVI e mette a rischio anche il dialogo ecumenico. Il “pontificato pedagogico” di Ratzinger risulta a tratti troppo autoreferenziale e poco attento alle urgenze della “questione sociale”.
I cambiamenti demografici del XX secolo hanno portato a una crescita esponenziale del numero di cattolici nell’emisfero meridionale. Ogni riflessione sulla Chiesa cattolica, sulla sua dottrina e sulle linee guida della sua azione non può non tenere conto di un punto di vista e di sensibilità non più solo occidentali ma globali.
Le riviste e i nuovi media del variegato cattolicesimo italiano rappresentano una galassia tutta da decifrare, in cui i tentativi di testimoniare la “cittadinanza paradossale” dei cristiani s’intrecciano con i progetti di affermazione della rilevanza pubblica del fattore religioso sostenuti dalle gerarchie ecclesiastiche. Una galassia stretta tra il ruolo emergente dei siti web e le tentazioni di ripiegamento autoreferenziale nelle polemiche tra “neoapologeti” e “conciliari”.
Famiglia e parrocchia sono gli snodi principali per la trasmissione della fede e del ricco patrimonio della dottrina sociale della Chiesa in vista di una formazione che sia “adulta” e permanente, non episodica o legata solo alle tappe sacramentali. Alla crescita umana e cristiana danno un contributo essenziale anche altre “agenzie” educative come l’oratorio, l’associazionismo, la scuola. E, soprattutto, l’uso dei nuovi media, luogo privilegiato per l’evangelizzazione.
Gli intellettuali cristiani italiani sono oggi chiamati a una grande sfida: tornare a esercitare un ruolo di primo piano nel dibattito culturale del paese, sempre più monopolizzato da idee e posizioni di matrice politica e di scarso valore sociale e culturale. Per farlo, è necessario innanzitutto recuperare un patrimonio culturale cristiano di cui da troppo tempo e troppo spesso si dimentica il valore.
Penalizzata dalle dinamiche localistiche che hanno caratterizzato l’università italiana, lasciandola di fatto esclusa dai processi di internazionalizzazione dai quali è stato investito il mondo accademico, la ricerca di ispirazione cattolica deve ora cogliere la sfida della “seconda globalizzazione”, forte di una vocazione universale che si configura come un’originale e valida alternativa agli eccessi individualistici delle società contemporanee.
Nata a Roma nel 1968 sulla scia del Concilio Vaticano II e della contestazione giovanile, la Comunità di Sant’Egidio è oggi una realtà internazionale protagonista di una multiforme attività culturale e sociale, nel segno della pace, del dialogo, della lotta alla povertà. In che modo e in quali ambiti Sant’Egidio rappresenta oggi un’ispirazione culturale per la società italiana ed europea?
Negli ultimi trent’anni, l’associazionismo cattolico ha superato il tabù che gli imponeva la netta divisione di impegno sociale e politico, accettando l’inevitabile dialogo con le istituzioni e perseguendo l’obiettivo di coniugare solidarietà e ricerca del bene comune. Il volontariato cattolico è oggi una realtà molto forte, incentrata sui principi di sussidiarietà, elaborazione di un welfare alternativo e di nuove modalità di convivenza civile in una società sempre più multiculturale.
Quali sono i luoghi della formazione cristiana delle donne e dell’elaborazione del pensiero cattolico “al femminile”? Accanto alle comunità religiose, ai monasteri di clausura e alle facoltà teologiche, sedi di approfondimento della riflessione biblica, liturgica e spirituale, i monasteri di clarisse animano iniziative culturali volte a riflettere sulla identità del loro ordine e a ricostruire una genealogia femminile. Tra i temi discussi, i “diritti” della donna nella Chiesa e la funzione sacerdotale, la partecipazione delle donne ad alcune funzioni ministeriali, i carismi riconosciuti alle donne.
Il Coordinamento teologhe italiane è espressione della maturità di un pensiero, intesa come possibilità e necessità di ingresso a pieno titolo della ricerca teologica delle donne nel dibattito italiano e di confronto con il vasto panorama culturale del nostro paese. Tale evoluzione ha favorito una risemantizzazione dei diversi ambiti del pensiero teologico a partire dall’assunzione critica della categoria di genere.
Il ruolo dei sindaci, già modificato e rafforzato dall’elezione diretta e dall’ampliamento dei settori di intervento delle Amministrazioni locali, è oggi chiamato a un’ulteriore evoluzione. I primi cittadini si trovano a dover affrontare le nuove sfide della modernità: dalla metamorfosi del vecchio concetto di città alla crisi di consensi dei partiti di massa, dalle crescenti richieste di sicurezza alla compensazione delle carenze del welfare nazionale.
L’elezione diretta del sindaco ha rappresentato una risposta convincente alla crisi politica degli anni Novanta. Si impone oggi la costruzione di nuovi scenari che consentano al governo delle città di trovare stabilità in un ordinamento rinnovato. Un forte ed efficiente sistema dei Comuni è il miglior antidoto contro i rischi di una “parcellizzazione in ventesimi” del nostro sistema paese.
Grazie all’applicazione di politiche urbanistiche innovative e a piani regolatori elaborati e attuati come veri e propri programmi di intervento economico-sociale, il Comune di Salerno ha puntato sulla valorizzazione del proprio territorio e sulla costruzione di opere architettoniche all’avanguardia per trasformare la città in un polo di attrazione turistica di prim’ordine.
A distanza di alcuni anni è possibile tracciare un primo, positivo bilancio delle iniziative realizzate dal Comune di Capannori, con la fondamentale collaborazione dei suoi cittadini, per diffondere buone pratiche ambientali volte a ridurre l’impatto della comunità sull’ambiente. Un esempio di come la politica può agire sul sociale, favorendo la formazione di una comunità consapevole e la diffusione di valori forti e vincenti per il futuro.
Nel suo piccolo, la frazione di San Donnino costituisce un prezioso esempio di come il problema dell’integrazione fra popolazioni e culture vada affrontato in modo articolato, coniugando la capacità di gestire le problematiche contingenti senza perdere di vista un progetto complessivo di società sviluppato sul lungo periodo: non un semplice “pacchetto” di misure risolutive, ma una visione globale sul futuro della nostra società.
Commemorare è ricordare insieme al fine di mantenere e irrobustire l’identità e la coesione di un popolo, di un settore della società e, al limite, di una famiglia o di una coppia. Per comprendere questo fenomeno bisogna dapprima chiedersi come e perché si ricorda. Possiamo paragonare la memoria a una specie di locomotiva a vapore, che si muove solo se si gettano dentro il suo forno palate di carbone. In modo analogo, la memoria funziona proprio perché esiste la commemorazione, perché si stabiliscono date significative per ogni comunità, gruppo o individuo.
Con la parola famiglia si intendono cose diverse e solo in parte coincidenti: da un lato chiamiamo famiglia un gruppo di persone coresidenti, mentre dall’altro usiamo lo stesso termine per indicare un gruppo di parenti. Inoltre con famiglia si indica un’unità di lavoro e/o di consumo (talvolta formata anche da non parenti e/o non coresidenti).
Si trovano all’angolo della piazza, davanti alla filiale della Banca Popolare di Bergamo, già Credito Varesino, non appena smette di piovere. Restano lì a fare grappolo, perché le due panchine non basterebbero per ospitarli, ma soprattutto perché non sono come le sedie attorno al tavolo di un circolo, di quelli che in centro sono scomparsi. | di Helena Janeczek