L'industria dei servizi di interesse generale: le potenzialità di uno sviluppo integrato

Written by Paola Matino Wednesday, 14 May 2014 16:45 Print

I servizi pubblici locali rappresentano un settore cruciale, complesso ed estremamente variegato dell’economia del paese e necessitano, dopo anni di interventi frammentari e disarmonici, di una riorganizzazione ispirata a un approccio strategico al settore, che sia sostenibile in termini economico-finanziari, ambientali e sociali, che soddisfi l’esigenza di integrazione dei principi nazionali con quelli europei e che guardi al comparto da una prospettiva nuova, non più incentrata solo sui temi della concorrenza o delle scelte di affidamento, ma su un efficace approccio industriale.

I servizi pubblici locali – o, per definirli con la terminologia dell’Unione europea, le «attività che soddisfano bisogni di interesse generale» – assumono un ruolo estremamente rilevante nelle policy locali e sovralocali e presentano caratteristiche tali da interessare, con impatto diverso, le attività produttive, le scelte finanziarie e lo sviluppo dei territori. Riguardano infatti risorse strategiche, come l’energia, oppure si riferiscono a risorse scarse, come l’acqua, o, ancora, sono relativi a servizi universali ed essenziali, come la tutela dell’ambiente.

I servizi pubblici spesso sono legati a scelte di sviluppo sul territorio, come avviene, ad esempio, con la manutenzione di strade, edifici pubblici, impianti, aree verdi. In altri casi sono connessi al welfare e a dinamiche demografiche, come nel caso dei servizi sociali. Molto spesso il raggiungimento di obiettivi strategici presenta delle forti correlazioni tra diversi servizi pubblici e necessita pertanto di un coordinamento ampio e sinergico. Il raggiungimento di livelli elevati di riduzione della CO2, nel rispetto degli obiettivi internazionali, passa, ad esempio, dallo sviluppo contestuale di meccanismi di rinnovamento nel settore del trasporto pubblico e di incentivazione dello stesso rispetto a forme diverse di trasporto, ma anche dal miglioramento delle condizioni di costruzione e manutenzione degli edifici o dal ricorso a mix energetici che riducano gradualmente l’utilizzo di risorse da fonti fossili.

Al contempo, lo sviluppo industriale dei servizi deve tener conto in modo integrato di aspetti come la salvaguardia del principio di parità di trattamento e di non discriminazione – visto che spesso questi servizi rappresentano dei monopoli naturali –, la sostenibilità finanziaria della gestione – dal momento che spesso sono connessi a investimenti strutturali di notevole entità –, l’attenzione ad aspetti tecnologici e di sviluppo che consentano una corretta efficienza di gestione, l’efficienza e l’economicità e il conseguente positivo impatto su tariffe e contribuzione pubblica sussidiaria, soprattutto in un momento di grande attenzione ai conti del settore pubblico. Il comparto dei servizi di interesse generale presenta pertanto una notevole complessità. Tuttavia, pur essendo stato oggetto negli ultimi anni di diversi interventi normativi, la “riforma” del settore non si può considerare completamente ed efficacemente compiuta. In effetti, le norme di settore sono cambiate in modo convulso negli ultimi vent’anni, portando a una stratificazione che oggi appare complessa e poco chiara, anche perché agli obiettivi sulla regolazione del servizio si aggiungono le esigenze di finanza pubblica e le difficoltà della finanza privata, al punto da rallentare e rendere farraginosa la gestione di servizi, solitamente a carattere industriale, che invece necessitano di innovazione ed efficienza. In condizioni di questo tipo, il rischio è che si perdano di vista alcuni aspetti chiave strettamente interconnessi al principio di interesse generale, e cioè il benessere dei cittadini, lo sviluppo industriale dei servizi, la tutela delle risorse per le generazioni future, l’efficacia ed economicità dell’azione, l’innovazione, la qualità, la capacità operativa e la valorizzazione delle eccellenze. Il rischio del susseguirsi e stratificarsi di norme negli ultimi vent’anni è che non sia tracciato un chiaro percorso di legislazione e regolazione in materia. Ciascun intervento normativo, pur mosso da obiettivi considerati importanti (la valorizzazione della concorrenza, la liberalizzazione, la spending review), non ha permesso di tracciare una trama stabile ai principi del settore, al punto da contribuire, in alcuni casi, all’immobilismo delle scelte, in altri alla creazione di sacche di vuoto normativo o nodi di eccessiva complessità di regole, e al conseguente proliferare di forme di gestione talvolta inefficienti, a volte ridondanti, spesso strumentali non già agli obiettivi pubblici quanto agli interessi particolari (si pensi al proliferare di società pubbliche che in alcuni casi consentono il raggiungimento di obiettivi meritori, in altri hanno risposto a logiche clientelari o prodotto diseconomie).

La previsione di “modelli” e la successiva definizione di norme positive di puntuale regolazione hanno spesso distolto l’attenzione dall’evolversi delle situazioni congiunturali, perdendo di vista quindi un approccio strategico al settore, fondamentale invece per portare chiarezza e stabilità durature. Tale approccio dovrebbe in primo luogo rispondere a un’esigenza di integrazione dei principi nazionali con quelli europei, superando le logiche settoriali in nome di una semplificazione innanzitutto normativa. In secondo luogo, sarebbe opportuno modificare la prospettiva di analisi del settore: non più (solo) un dibattito centrato sui temi della concorrenza o delle scelte di affidamento, ma su un approccio industriale al settore, riaprendo il dialogo su obiettivi, prospettive e strategie di crescita, pur nel rispetto dei principi europei di trasparenza e non discriminazione. Infine, un ulteriore elemento da tener presente è il tema della sostenibilità, da intendersi in termini economico-finanziari, patrimoniali, ambientali e sociali. Questo diverso approccio, sostenuto da una normativa snella e da una regolazione efficace a diversi livelli deve consentire una riorganizzazione strategica e mirata, allo scopo di favorire, dal lato delle imprese, crescita economica, occupazione e sviluppo tecnologico; dal lato degli utenti, semplificazione, trasparenza ed economicità.

 

Servizi pubblici e contesto produttivo La qualità dei servizi pubblici, ivi inclusa l’azione dell’amministrazione pubblica, ha un notevole impatto sulle prestazioni del paese dal punto di vista della concorrenza e della capacità di attrarre investimenti o di favorire lo sviluppo delle attività produttive. Analizzando i dati Eurostat circa l’impatto di tali servizi e la distanza dalla media UE è possibile osservare come, in generale, le procedure amministrative italiane siano particolarmente onerose per le imprese. Un ulteriore onere che grava sulla produttività generale del paese è il tempo necessario per il completamento degli investimenti infrastrutturali e patrimoniali in generale, con evidenti ovvie ripercussioni sulla competitività industriale, per cui l’Italia si colloca nel gruppo dei paesi con prestazioni peggiori all’interno dell’UE.

Un nuovo approccio al settore deve quindi tener conto della possibilità che una buona strutturazione di servizi pubblici possa non solo consentire «la realizzazione di fini sociali», ma anche «promuovere lo sviluppo economico e civile», come d’altra parte recita l’articolo 112 del Testo unico degli enti locali quando definisce i servizi pubblici. In questo senso, pertanto, integrando le logiche strategiche nazionali con gli obiettivi di crescita e sviluppo locale, diventa estremamente importante poter garantire proprio la promozione della crescita e dello sviluppo, da intendersi sia nel senso di assicurare una domanda pubblica di servizi tale da impattare sull’economia locale, sia garantendo una qualità di infrastrutturazione e servizi in grado di agevolare il settore economico in generale. Si pensi, infatti, alla straordinaria influenza che servizi come i trasporti, l’infrastrutturazione viaria, i sistemi di tutela dell’ambiente, la garanzia di idonee reti energetiche possono avere sull’operatività delle aziende, e come la garanzia di ulteriori accessori, quale l’efficiente gestione di procedure amministrative, possa agevolare l’agire del settore produttivo.

Spesso l’impatto economico dei servizi pubblici è studiato come effetto diretto in termini di spesa pubblica riversata sul territorio. In realtà, questo settore è importante in termini di riduzione del markup di costo che quotidianamente tutti i comparti produttivi si trovano a dover affrontare, visto che i servizi offerti sono parte integrante della vita di ogni attività produttiva e ne condizionano pertanto l’operatività o l’economicità. Nel promuovere lo sviluppo del settore è necessario quindi tener conto di una visione integrata: l’azione su un settore può consentire di ottenere degli obiettivi in un campo diverso. Ad esempio, agire sulla riorganizzazione e lo sviluppo dei trasporti pubblici può consentire di migliorare la scorrevolezza del traffico urbano, di ridurre l’inquinamento, di offrire trasporti urbani più intelligenti e più accessibili, di condizionare lo sviluppo urbanistico delle città. L’intervento di rilancio dei servizi pubblici secondo questa visione integrata deve inoltre consentire lo sviluppo di nuove tecnologie e una semplificazione legata anche all’utilizzo di sistemi di Information Technology.

 

Servizi pubblici e utenti

Molto spesso il dibattito sul settore si è incentrato sulla dicotomia pubblico/ privato, in particolare laddove tale confronto serviva a sostenere la tesi che il privato consente una maggiore efficienza dei servizi mentre il pubblico garantisce una maggiore tutela. Questo dibattito è stato spesso corroborato da un richiamo ai principi europei, sia che si tratti di obbligo di concorrenza quanto di in house providing. In realtà, i due principi coesistono, e la disciplina europea si preoccupa della parità di trattamento così come della tutela dell’interesse generale, che condiziona pertanto, a volte limitandolo, il ricorso al mercato.

Entrambi gli aspetti – efficienza di gestione e tutela dell’interesse generale – sono quindi da affrontare da un nuovo punto di vista: da un lato è fondamentale garantire che non si sviluppino rendite monopolistiche e che siano tutelati gli interessi pubblici, dall’altro è utile e necessario coinvolgere le imprese nello sviluppo industriale del settore avendo come obiettivo l’economicità degli stessi e la parità di trattamento per tutti gli operatori potenzialmente coinvolti. L’obiettivo di produrre «beni e attività rivolti a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo armonico e civile delle comunità locali» va garantito quindi puntando a un principio di responsabilità e autonomia, nel rispetto delle regole sulla concorrenza e tenendo conto dei vincoli di finanza pubblica circa le strategie più congrue alla realizzazione degli obiettivi. L’intento del policymaker negli ultimi tempi è stato quello di proporre l’adozione di modelli di concorrenza ex ante o di contendibilità, con la convinzione che essi possano determinare “naturali” incentivi all’efficienza nei soggetti erogatori di tali servizi essenziali. Forse è giunto il momento di riaprire il dialogo sull’efficacia di tali modelli nei termini in cui le norme oggi vigenti li propongono. È necessario, pertanto, tener conto della chiarezza delle norme, della coerenza con i principi costituzionali ed europei, del reale stato dell’industria di riferimento e del sistema delle imprese operanti, delle esigenze di una domanda e di un territorio in evoluzione. Non basta trasformare l’utente in “cliente”; è invece fondamentale considerare le peculiarità di un settore cruciale per lo sviluppo armonico del paese. È necessario quindi focalizzarsi proprio sul concetto di servizio e di centralità dell’utente, che sia il cittadino o l’impresa che usufruisce dei servizi, e interrogarsi su ambiente e territorio, autonomia e responsabilità, sostenibilità e sussidiarietà, tariffazione congrua, innovazione, approccio industriale e innovativo ai servizi, flessibilità, tutela della proprietà per le generazioni future. Il tutto a partire da una semplificazione dei principi e dei vincoli posti a chi opera nel settore e senza focalizzarsi sui modelli di affidamento, ma sui risultati di gestione e sul miglioramento industriale, in termini di produttività e qualità. In un mondo reso fluido, infatti, non basta proporre in modo esclusivo e diffuso modelli come la liberalizzazione o la privatizzazione, così come scelte di pubblicizzazione estrema: prima di ridefinire il quadro delle norme o di aggiungere nuove regole vale la pena interrogarsi sull’oggetto di tale quadro.

 

Conclusioni Per ricostruire il quadro normativo vigente, non si può fare a meno di procedere con una lettura il più possibile ampia rispetto ai principi generali comunitari e costituzionali, che devono rappresentare gli elementi ispiratori non solo delle norme ma anche delle azioni pubbliche. Una volta valutata la situazione di riferimento e gli scenari, potrebbe essere utile puntare su: a) poche regole, ma senza scadere nella deregulation: i temi trattati sono delicati e non possono essere lasciati al libero mercato senza norme chiare; b) chiarezza e semplicità, a partire dal recepimento dei principi chiari condivisi nell’UE e dei principi costituzionali. Questi principi dovrebbero essere affiancati da una coerente “pulizia” dell’attuale quadro normativo, perché non ci siano dubbi interpretativi derivanti dalle numerose leggi e dal rischio che risultino in contraddizione fra loro. Naturalmente un nuovo approccio alla materia dovrebbe essere accompagnato da un forte richiamo al principio di responsabilità, in base al quale giudicare il risultato dell’agire pubblico (nella pianificazione, nell’affidamento e nella regolazione) e lo svolgimento dei servizi da parte degli affidatari, siano essi pubblici o privati. Inoltre, diventa fondamentale ridefinire il ruolo del controllo, in primo luogo avviando forme di monitoraggio interno alle amministrazioni, ovvero facendo in modo che le leggi siano eseguite senza lasciare questo compito esclusivamente alla magistratura; in secondo luogo superando le ambiguità controllore-controllato che spesso si manifestano quando non c’è una chiara ripartizione dei ruoli e dei compiti. Una “riforma” in tal senso dei servizi pubblici è senza dubbio una sfida, ma ci sono le risorse e le capacità per rinnovare questo settore, rendendolo il motore di un necessario sviluppo economico e industriale del paese.

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