Carlo Frappi

Carlo Frappi

insegna Politica estera russa all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed è e ricercatore associato dell’ISPI

Il partenariato tra Turchia e Russia al banco di prova dello scenario mediorientale

Le relazioni tra Ankara e Mosca, superando una diffidenza reciproca che affonda le proprie radici nel passato recente e più remoto, sperimentano oggi una fase di pragmatico riavvicinamento fondato sulla convergenza di interessi tattici. Esse hanno beneficiato, a partire dall’inizio del secolo, della capacità delle rispettive leadership di sostituire le ragioni della competizione e del conflitto con quelle del dialogo e della cooperazione. In particolare, questa dinamica è emersa con chiarezza nella individuazione di margini di intesa nei diversi contesti regionali verso i quali Turchia e Russia, per ragioni geografiche, storiche e culturali, naturalmente indirizzano la propria politica estera. Tra questi lo scacchiere mediorientale – e, nello specifico, lo scenario siriano – ha progressivamente guadagnato un’inedita centralità, minando dapprima le fondamenta del partenariato e assurgendo successivamente a banco di prova per il suo rilancio.

Il nodo siriano e la posta in gioco per la Turchia

Il nodo siriano rappresenta la principale sfida diplomatica che l’esecutivo guidato dall’AKP si sia trovato ad affrontare nella sua ormai
decennale esperienza governativa. Per prossimità geografica e importanza delle dinamiche regionali e transfrontaliere messe in atto dalla crisi, la questione siriana ha infatti il potenziale per rimettere in discussione gli innegabili successi conseguiti in politica estera dall’AKP, chiamato oggi a ripensare i fondamenti della propria diplomazia e a rinsaldarne i presupposti interni.

Quale modello turco?

Con l’affermarsi, nei paesi coinvolti nella Primavera araba, di partiti di matrice islamista, da più parti si è indicato nella peculiare esperienza turca un valido modello di conciliazione di istituzioni e pratiche democratico-liberali con la partecipazione di forze legate al precetto religioso islamico. È, quella turca, un’esperienza che è possibile esportare anche altrove? O non è piuttosto il frutto della peculiare esperienza dell’AKP e della leadership di Erdogan?