funzionario del ministero dell’Interno, è consigliere per la Giustizia e gli affari interni nella Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea.
Se la cronaca e le inchieste giornalistiche ci hanno reso familiari termini quali jihad, califfato, foreign fighters, permane il problema di comprendere a fondo le ragioni di chi, pur cresciuto nelle società europeee secondo i loro valori, sceglie la strada del terrorismo. Come èpossibile elaborare una efficace strategia di prevenzione e contrasto di questi fenomeni, a livello sia nazionale che europeo, senza prima capire chi sono queste persone e perché siamo divenuti loro bersagli? E ancora, cosa si può fare e, soprattutto, cosa si sta facendo a livello europeo e nazionale per combattere il fenomeno?
Alle molte minacce del terrorismo internazionale si aggiunge ora quella rappresentata dai foreign fighters. Per contrastarla occorre un’azione coordinata e decisa di tutti i paesi membri dell’UE sulla quale, da ultimo, si è concentrato il Consiglio dei ministri degli Affari interni dell’UE tenutosi il 9 ottobre scorso.
Sebbene la problematica del traffico di esseri umani e della sua organizzazione e gestione da parte di gruppi di criminalità organizzata sia già stata cristallizzata sul piano della cooperazione internazionale multilaterale da più di un decennio, solo negli ultimi anni l’Europa si è dotata degli strumenti normativi necessari ad affrontare un fenomeno che ha assunto, via via, dimensioni enormi e un carattere pressoché strutturale. Sul piano concreto, però, in cosa si è tradotto l’enorme potenziale normativo sovranazionale messo in campo?
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