Marianna Madia

Marianna Madia

già ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, è deputata del Partito Democratico.

Una amministrazione pubblica migliore, più efficace e più efficiente

Siamo alla vigilia della gestione del più grande investimento di risorse per l’ammodernamento del paese. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta, al di là degli aspetti di retorica politica che accompagnano le discussioni pubbliche, anzitutto una sfida di credibilità del nostro apparato pubblico nella gestione e nell’attuazione delle misure. Il livello di attesa, soprattutto nella dimensione europea, sulla capacità del sistema paese di sfruttare il credito che, non senza fatica e scetticismo, ci è stato concesso è tuttavia proporzionale all’occasione che abbiamo per tentare di rimettere in ordine i nostri “fondamentali” e recuperare rispetto ai partner europei in termini di sviluppo economico, competitività ed efficienza nei settori strategici.

I miei quattro obiettivi per riformare la pubblica amministrazione

Dopo la conversione in legge del decreto 90/2014, che costituisce il primo passo della riforma, si apre ora una seconda fase, dal respiro più ampio e che punta a cambiare in profondità la pubblica amministrazione grazie al perseguimento di quattro fondamentali e distinti obiettivi: cittadinanza digitale, riorganizzazione dello Stato sul territorio, concreta semplificazione di servizi e procedure e reale attuazione delle norme. Necessaria premessa del buon esito di questo percorso è però la riforma dei meccanismi di selezione e di carriera di chi si pone a capo della macchina pubblica.

La crescita prima delle regole

Il mercato del lavoro è molto cambiato negli ultimi anni, ma le riforme che hanno segnato questo cambiamento non sono state in grado di creare un efficace sistema di sostegno al reddito e di politiche attive per la promozione dell’occupazione, né tantomeno di favorire la crescita economica. Prima di intervenire sulle regole sarebbe perciò opportuno, da un lato, agire sull’infrastruttura materiale e amministrativa del paese, dall’altro, promuovere i settori che possono creare più posti di lavoro. Solo allora si potrà mettere mano alle regole secondo un’ottica di integrazione dei vari livelli istituzionali (Stato, Regioni, Province) e definire un insieme di interventi che accompagnino davvero il lavoratore nella ricerca di una buona occupazione.

L’Expo e la flessibilità “buona”

Un accordo fra la società Expo 2015, i sindacati confederali e i rappresentanti di categoria definisce i piani di assunzione in occasione della prossima esposizione universale. Il cosiddetto “modello Milano”, senza creare nuove forme contrattuali, ma utilizzando al meglio quelle esistenti, cerca di coniugare esigenze produttive e diritti dei lavoratori. Fermi restando l’eccezionalità e il limite temporale dell’evento e i conseguenti confini all’applicazione erga omnes del modello stesso.

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