Transizione democratica in Tunisia: una partita ancora aperta

Written by Clara Capelli Friday, 07 November 2014 13:03 Print
Transizione democratica in Tunisia: una partita ancora aperta Foto: Amine GHRABI
Il risultato delle elezioni dello scorso 26 ottobre in Tunisia ha clamorosamente smentito gran parte delle previsioni: da un lato si è registrato il netto successo del partito Nidaa Tounes, principale alternativa politica alla compagine islamista, dall’altro tra gli elettori tunisini vi è stata una inattesa affluenza alle urne. Una lettura di questo esito elettorale esclusivamente legata alla contrapposizione tra Islam politico e laicità finirebbe per oscurare le altre importanti questioni che hanno dominato la politica tunisina nel corso del suo processo di transizione democratica.

Le elezioni del 26 ottobre in Tunisia hanno riservato non poche sorprese. Ennahda, il partito dell’Islam politico, ha riportato una sonora sconfitta, perdendo 20 seggi rispetto alle elezioni per l’Assemblea costituente nel 2011. Una sconfitta riconosciuta già all’indomani della tornata elettorale dalla stessa dirigenza di Ennahda, che ha spiazzato molti tunisini, sia tra gli analisti e gli esperti sia tra gli stessi elettori.

Ci si aspettava che queste elezioni sarebbero state una partita tra Ennahda e Nidaa Tounes, partito che dalla sua fondazione nel 2012 rappresenta la principale alternativa politica alla compagine islamista, ma le previsioni pendevano nettamente a favore della prima. Nidaa Tounes ha invece ottenuto una vittoria netta, garantendosi 85 seggi contro i 69 di Ennahda. Oltre a questo risultato sostanzialmente inatteso, anche il tasso di affluenza alle urne ha smentito ogni previsione: secondo l’ISIE (l’Istanza superiore indipendente per le elezioni), si attesterebbe intorno al 69%, contro il modesto 52% del 2011.

Una lettura dei risultati elettorali esclusivamente legata alla contrapposizione tra Islam politico e laicità sarebbe però parziale. Sebbene questa interpretazione contenga degli elementi di verità, finisce per oscurare le altre importanti questioni che hanno dominato la politica tunisina nel corso del suo processo di transizione democratica.

Parte della popolazione tunisina è infatti profondamente scontenta dell’operato di Ennahda e dei suoi alleati di governo, la cosiddetta “troika”: il Congrès pour la République di Moncef Marzouki ed Ettakatol di Mustapha Ben Jaafar, entrambi partiti di ispirazione laica e progressista. Queste due formazioni hanno infatti perso pressoché interamente il consenso degli elettori, passando rispettivamente da 29 a 4 seggi e da 20 a 1 seggio.

La lenta ripresa di un’economia già gravata da grossi problemi strutturali ha alimentato lo scontento nei confronti della troika che di fatto ha guidato il paese negli ultimi tre anni. Molte voci si sono levate contro l’incapacità di Ennahda e dei suoi alleati nel fare fronte alle sfide poste dalla situazione economica e nel costruire le basi per un nuovo e più inclusivo percorso di crescita che possa dare lavoro ai tanti disoccupati tunisini, molti dei quali giovani e con un ottimo livello d’istruzione.

Anche la questione della sicurezza ha giocato un ruolo determinante. I tunisini sono profondamente preoccupati che formazioni jihadiste come Ansar al-Sharia, legata ad al Qaeda, possano consolidare la propria presenza nel paese, minacciandone la stabilità. La linea di Ennahda verso il pericolo di derive radicali è stato percepito da molti come non abbastanza risoluto, così come troppo morbido è stato giudicato l’atteggiamento nei confronti di gruppi salafiti che nel corso degli anni della transizione si sono resi protagonisti di diversi episodi di violenza.

Il voto a Nidaa Tounes è quindi da leggersi anche alla luce della delusione per le tante aspettative che la popolazione tunisina ha visto disattendere. Tuttavia, diversi sostenitori di Ennahda non hanno mancato di esprimere il loro disappunto nei confronti di questa scelta, considerata come il segno del ritorno di elementi collusi con il regime del deposto Ben Ali.

Nidaa Tounes è nato per iniziativa di un composito gruppo di personalità che vanno da progressisti a imprenditori liberali, da ex membri del Rassemblement Constitutionnel Démocratique – il partito di Ben Ali – a uomini di Habib Bourguiba, primo e assai compianto presidente della Repubblica. A guidarlo è l’ottantasettenne Béji Caïd Essebsi, più volte ministro nell’era Bourguiba.

Se lo scontro tra le vecchie élite di Nidaa Tounes e gli attori politici emergenti legati a Ennahda si tradurrà in un’opposizione parlamentare tra due blocchi oppure si ricomporrà in un’alleanza non è ancora completamente chiaro. Il leader di Ennahda Rashid al-Ghannushi ha dichiarato che il suo partito non esclude la possibilità di una “grande coalizione”, mentre Nidaa Tounes temporeggia in attesa dell’esito delle elezioni presidenziali del 23 novembre, fattore cruciale perché nel sistema semi-presidenziale tunisino da esso dipenderà la successiva nomina del primo ministro e del governo. Le candidature accettate dall’ISIE sono 27; Ennahda ha scelto di non candidare nessuno, mentre Nidaa Tounes sostiene Essebsi. Nel processo di transizione democratica della Tunisia – indubbiamente l’esempio di maggiore successo dell’intera regione – la partita è ancora aperta.

 



Foto: Amine GHRABI

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