Gli istituti culturali: attività, servizi e sempre meno fondi

Written by Chiara Daniele Wednesday, 09 March 2011 14:10 Print
Gli istituti culturali: attività, servizi e sempre meno fondi Foto: Joseph Mayuga

Negli ultimi quindici anni, alla crescente qualità delle attività e dei servizi offerti dagli istituti culturali è corrisposta una sempre minore disponibilità di fondi pubblici. Alle istituzioni viene chiesto di non appoggiarsi ai soli finanziamenti statali. Attrarre finanziamenti privati però non dipende tanto dalla qualità delle attività svolte, quanto da politiche fiscali che rendano “conveniente” per le imprese e per i cittadini investire in cultura.

L’Italia è una delle nazioni europee più ricche di fondazioni, centri e istituti culturali. Alcuni sono in attività da secoli, altri sono nati da pochi anni. Una felice biodiversità, diffusa nel paese, con alcune (poche) istituzioni costituite per iniziativa pubblica e altre (la maggioranza) sorte per iniziativa privata. Tutte – grandi o piccole – si propongono come luoghi di elaborazione e di divulgazione della cultura umanistica o scientifica. Poche si sono conquistate nel tempo un ruolo importante e riconosciuto nel panorama culturale nazionale e internazionale.

Tra tutti gli istituti culturali hanno un particolare rilievo quelli nati intorno a biblioteche, archivi, collezioni museali e di audiovisivi, perché tutelano e gestiscono beni culturali che sono parte del patrimonio italiano. Le più dinamiche e capaci di queste istituzioni non solo gestiscono al meglio questi beni, fornendo così un prezioso servizio pubblico a volte in supplenza dello Stato, ma, partendo dalla specificità del loro patrimonio, promuovono una serie di attività di ricerca, di formazione e di divulgazione.

Per la gestione dei loro patrimoni culturali e per il complesso di attività svolte in modo continuativo, dal 1996 gli istituti culturali possono ricevere dal ministero per i Beni e le attività culturali un contributo per il funzionamento, la cui assegnazione è disciplinata dalla legge 534/96.

Il contributo viene assegnato in base a una tabella di durata triennale, formulata dal ministero, nella quale sono inserite, tra le istituzioni che ne fanno richiesta, quelle in possesso dei requisiti previsti dalla legge. L’entità del finanziamento è decisa per ogni singola istituzione, secondo parametri che si basano sui beni culturali posseduti, sulla loro gestione e pubblica fruibilità e sul ventaglio di attività continuative svolte nel triennio precedente e delle attività proposte per il triennio successivo. Per le istituzioni che non hanno i requisiti la legge prevede la possibilità di un contributo annuale.

L’entità del finanziamento deciso ha però validità triennale solo teoricamente, perché ogni anno la legge finanziaria può decurtare lo stanziamento assegnato cosicché negli anni, alla crescente qualità delle attività e dei servizi offerti dalle istituzioni, ha corrisposto una sempre minore disponibilità dei fondi e una decurtazione percentuale annua. Dai 22 miliardi di lire del 1996 per 191 istituti, si è passati ai circa 6 milioni e mezzo di euro per 121 istituti dell’ultima tabella nel 2009, agli attuali poco più di 3 milioni di euro.

Il tema del finanziamento agli istituti culturali è tornato di stretta attualità nel maggio dello scorso anno. In un periodo che già vedeva gli istituti in grave difficoltà a causa della crisi finanziaria e del conseguente decremento dei finanziamenti privati, nella proposta di legge finanziaria presentata dal ministro dell’Economia veniva inserita, senza consultare il ministro per i Beni culturali, una lista pasticciata, che accomunava realtà molto diverse, di 232 enti ritenuti inutili tra i quali 100 degli istituti inseriti nella tabella triennale, per i quali si decretava la soppressione di tutti i finanziamenti statali già assegnati.

L’intervento determinante del presidente Giorgio Napolitano, l’impegno del ministro per i Beni culturali, la campagna di denuncia avviata dalle istituzioni hanno portato alla cancellazione dell’elenco, senza però poter evitare nella legge finanziaria un taglio del 50% dei già esigui contributi assegnati.

Dobbiamo dare atto al ministro Bondi di aver poi recuperato risorse per gli istituti in tabella, limitando per il 2010 il taglio lineare a poco più del 16%, percentuale confermata anche per il 2011.

A causa delle incertezze sull’entità del taglio e del ritardo nel pagamento del contributo, che si sono sommati agli effetti della crisi, molti istituti sono stati costretti ad attivare contratti di solidarietà per il personale e a diminuire i servizi al pubblico.

Superata l’emergenza della cancellazione dei finanziamenti già decisi, rimane oggi aperta la questione del finanziamento del ministero alle istituzioni culturali.

Il ministro Bondi si era impegnato a recuperare risorse e a presentare una nuova legge, che rendesse ancor più stringenti e trasparenti i criteri di selezione e premiasse le eccellenze. Il decreto, da lui presentato lo scorso luglio, propone l’istituzione di un registro delle istituzioni culturali, da “eventualmente finanziare”, cancella la triennalità del finanziamento, elimina il parere consultivo delle commissioni parlamentari e trasferisce il potere decisionale ultimo dal ministro alla Direzione generale del ministero dalla quale gli istituti dipendono. I requisiti, poi, per l’inserimento nel registro delle istituzioni sono meno selettivi di quelli previsti dalla legge oggi in vigore.

Questo decreto, che segna un evidente passo indietro, è per ora bloccato alle Camere. Nel frattempo si sta avvicinando il termine per la presentazione della richieste di finanziamento per il prossimo triennio.

In attesa di una nuova legge – che si auspica non sia il decreto presentato – che cosa propongono e che cosa si aspettano gli istituti dal ministero?

Semplicemente l’applicazione rigorosa, trasparente e verificabile dei criteri di selezione e di valutazione contenuti nella legge 534 e il riconoscimento e il premio delle eccellenze. Oltre, naturalmente, al reintegro della disponibilità di spesa. Solo così sarà possibile per i migliori continuare a operare.

Per una selezione ancora più efficace si potrebbe aggiornare il regolamento attuativo della legge, in modo da premiare la capacità delle istituzioni di fare sistema e di attrarre finanziamenti privati.

Su questo ultimo punto è necessario essere molto chiari. Nessuna istituzione deve vivere di soli finanziamenti statali e questa è già una realtà di fatto. Attrarre finanziamenti privati però non dipende solo dalla qualità delle attività svolte. Finché lo Stato non deciderà politiche fiscali che rendano “conveniente” per le imprese e per i cittadini investire in cultura, il mecenatismo nel nostro paese non potrà nascere.

Con la fiscalità attuale le istituzioni potranno contare, oltre che sui bandi delle fondazioni bancarie, sulle sponsorizzazioni, che non finanziano il funzionamento delle istituzioni e che in generale sono poco interessate a sostenere quei beni culturali meno “attraenti” come biblioteche e archivi.

Per aiutare le istituzioni culturali a superare il grave momento che stanno vivendo, il ministro per i beni culturali si dovrà impegnare a valorizzare le eccellenze, grandi o piccole che siano, e a metterle in condizione di continuare a lavorare. Queste eccellenze svolgono un servizio pubblico, sono un modello significativo di sussidiarietà tra privato e pubblico e sono esempi di buona gestione e di ottimizzazione delle risorse economiche e umane.

Qualcuno ha mai calcolato quanto costerebbe allo Stato gestire i giacimenti culturali delle istituzioni private, se queste dovessero chiudere? A meno di non considerare come alternativa agli istituti culturali grandi falò di libri, di archivi, di musei.



Foto di Joseph Mayuga

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