Il risveglio della luna

Written by Leila El Houssi Friday, 25 February 2011 13:16 Print
Il risveglio della luna Photo: Pete Riches

Giovane, mediamente istruito, a suo agio con le nuove tecnologie informatiche. E' l’identikit del protagonista assoluto delle rivolte che dalla Tunisia al Bahrein, passando per Libia ed Egitto, stanno stravolgendo l’assetto politico del bacino mediterraneo.

 

In queste ultime settimane nello scenario internazionale si va affermando un nuovo soggetto politico che usa la piazza come strumento per far emergere la propria identità e rivendicare i propri diritti calpestati da regimi retti da “rais” fino a ieri intoccabili. Si tratta del popolo arabo che da Tunisi al Cairo, passando per Tripoli e giungendo sino a Manama, grida la propria rabbia e chiede democrazia. Un concetto che sembrava sino ad ora appartenere esclusivamente al mondo occidentale e che secondo alcuni mal si conciliava con l’universo Islam. Lo stesso Muammar Gheddafi, non molto tempo fa, ha tenuto una conferenza in Italia in cui ha esposto una bizzarra teoria sul termine democrazia sostenendo che demos corrisponde a popolo e crazi a sedie: il popolo sulle sedie. Gli eventi di questi ultimi giorni smentiscono l’alquanto grottesca definizione proposta dal rais libico al potere da più di quarant’anni.

Questo nuovo protagonista giovane, mediamente istruito e assai pratico di internet si affaccia ora anche in Libia, sfidando a Bengasi Tripoli il “democratico” rais libico. Stanco di vedere la propria generazione all’inutile ricerca di speranza e quella dei propri genitori ormai adagiata sulla propria rassegnazione, il giovane popolo libico è sceso in strada per manifestare il suo dissenso. Favorito dalle vittorie dei popoli confinanti, Tunisia ed Egitto, il risveglio è giunto anche per la Libia. Benché il rais esponga teorie rivisitate del concetto di democrazia, sembra in questo momento affrontare la situazione con modalità schiettamente antidemocratiche. L’uso della violenza nei confronti del popolo libico e l’orrendo bagno di sangue perpetrato suscita sgomento e indignazione. Le richieste di porre fine all’eccidio a colui che si è sempre definito il “capo della rivoluzione popolare”, e che ha giurato proprio in funzione di questo suo ruolo di non lasciare la Libia, provengono da tutto l’Occidente democratico e dai nuovi giovani democratici della sponda meridionale del Mediterraneo. Sempre più si manifesta la follia pervasiva di un rais che non è nuovo a forme di repressione popolare ma che, grazie alle ricchezze del proprio territorio, si è imposto sul piano economico in Occidente siglando trattati e convenzioni che incontravano l’accordo di tutte le parti. Il partenariato economico, con l’Italia in primis, nell’ultimo decennio sembrava fosse riuscito, da un lato, a sopire il retaggio di un pesante passato coloniale e, dall’altro, a risolvere l’annosa questione migratoria. Nonostante la consapevolezza che il leader libico non spiccasse per affidabilità, all’Italia l’aspetto commerciale è sembrato prioritario. Infatti, molte delle concessioni erano funzionali a garantire una partnership con il paese nordafricano che fornisce una percentuale significativa delle risorse energetiche di cui la nostra penisola ha bisogno. Ed è sulla questione energetica che si sviluppa adesso il timore sul futuro dei rapporti tra Italia e Libia.

La questione energetica desta preoccupazione anche nel’area del Golfo, dove quasi per effetto domino, si incontra un altro popolo che si risveglia: il popolo del Bahrein. Un paese a maggioranza sciita che è retto da una minoranza sunnita sostenuta dall’Arabia Saudita. Sembrerebbe una rivolta legata alla religiosità; sembrerebbe emergere la secolare rivalità tra sciismo e sunnismo. In realtà, come spesso è accaduto in queste rivoluzioni del popolo, l’aspetto prioritario non è l’affermazione della religiosità ma della dignità. Manama come Tunisi diventa il centro della protesta contro il re Hamad Ben Issa Al Khalifa, che come Gheddafi non disdegna purtroppo l’utilizzo delle armi contro i manifestanti.

Amico da sempre dell’Occidente, in quanto garante delle forze navali statunitensi situate in questo minuscolo Stato dalla posizione geostrategica di primaria importanza, il re del Bahrein teme fortemente di perdere il proprio potere. Con Obama, sostenitore fervente della democrazia popolare e non esportatore di democrazia attraverso l’uso della forza come il suo predecessore, le aspirazioni di questo popolo potrebbero esaudirsi. Grazie all’effetto Obama, che con il suo discorso del Cairo ha risvegliato le speranze dei democratici arabo-musulmani, e grazie all’utilizzo di moderne tecnologie come i social network che hanno permesso l’affermazione di una solidarietà tra popoli oppressi, si è prodotta pertanto una svolta epocale. Le rivolte oggi non sono antioccidentali ma nel contempo non sono occidentalizzate e il risveglio di questi popoli poggia sull’idea secondo la quale si può essere democratici senza per forza allinearsi all’Occidente.

 


Foto di Pete Riches