La Politica di sicurezza e difesa comune dell’Unione europea (PSDC) conosce oggi un evidente paradosso. Dopo aver costituito uno degli elementi più dinamici e originali del processo di integrazione europea dell’ultimo decennio, la PSDC attraversa una fase di palese difficoltà proprio nel momento in cui il nuovo assetto istituzionale dell’UE, la crisi economica e l’evoluzione del quadro internazionale consentirebbero, e la tempo stesso renderebbero necessario, un suo significativo approfondimento. Le innovazioni introdotte dal Trattato di Lisbona offrono infatti un quadro istituzionale e degli strumenti non privi di limiti e contraddizioni, ma certo assai più adeguati del passato per affrontare una scommessa così impegnativa. Le crescenti ristrettezze di bilancio, d’altro canto, dovrebbero spingere i paesi europei a integrare e razionalizzare sempre più le rispettive capacità militari, anche per rispondere con maggiore efficacia alle nuove sfide e incognite del sistema internazionale. Le incertezze e divisioni che hanno caratterizzato la recente risposta dell’UE alla crisi in Libia, del resto, confermano che non esistono alternative concrete al faticoso consolidamento dell’integrazione europea nel campo della sicurezza e difesa. Di tale esigenza il Rapporto di quest’anno prende in esame le principali variabili, offrendo un bilancio critico dei primi anni della PSDC, un’analisi del nuovo quadro politico e istituzionale e indicando, infine, alcune delle priorità strategiche dei prossimi anni. Il Rapporto è integrato da una puntuale analisti degli sviluppi del processo di integrazione.