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La guerra fredda culturale in Italia: il caso del Mulino

Nei primi anni del secondo dopoguerra tra gli obiettivi della politica estera statunitense in Italia rientrava, insieme a un solido ancoraggio alla NATO e al rafforzamento dei partiti democratici, anche la conquista dell’egemonia culturale in chiave anticomunista. Da circa due decenni, nell’ambito dei cold war studies, la storiografia internazionale ha prodotto ricerche specialistiche e comparative che hanno dimostrato come la guerra fredda fu simultaneamente condotta su diversi livelli. Parallelamente a un conflitto politico-diplomatico si consumò anche uno scontro tra due diversi paradigmi intellettuali e due modelli alternativi di società: uno capitalista e l’altro socialista.

Il ritorno di Botero

Einaudi riporta in libreria, nella collana “ammiraglia” Millenni, “Della ragion di Stato”, a cura di Pierre Benedettini e Romain Descendre. È la prima volta che il celebre testo del gesuita Giovanni Botero (1544-1617) appare in edizione critica, offrendo al lettore la versione veneziana del 1598 – stampata al sestiere di Rialto dai “torchi illustri” di Giolito de’ Ferrari – e le sue precedenti (1596 per Ponzio a Milano; 1590 per Pelagallo a Roma; 1589 per Giolito a Venezia). Merito anche del curatore Romain Descendre, esperto di pensiero italiano moderno e ormai massimo interprete di Botero tra gli studiosi della nuova generazione.

L’utopia quotidiana di Bruno Trentin

La lettura dei “Diari” di Bruno Trentin, relativi al periodo in cui egli, tra il 1988 e il 1994, ricoprì il ruolo di segretario generale della CGIL, rappresenta un’esperienza tanto intensa sul piano emotivo quanto necessaria per l’analisi storica. Come sottolinea nella prefazione il curatore dell’opera, Iginio Ariemma, tale risultato non deriva soltanto dai contenuti del volume, vale a dire dalla rilevanza delle questioni affrontate, dai giudizi espressi, dalla lucidità dei ragionamenti; esso è anche il frutto del tipo di fonte, piuttosto rara e per questo particolarmente rilevante.

Come nel film “Tutta la vita davanti”

Capita ogni tanto di sentirsi come se si vivesse in un film. Il mio sarebbe la pellicola di Virzì del 2008 “Tutta la vita davanti”. Il film comincia con la discussione della tesi in Filosofia, conclusasi con bacio accademico, della protagonista. Il mio, o almeno le scene che vi propongo qui, con l’iscrizione allo stesso corso di laurea. Ho sempre creduto che, specialmente in un momento di crisi dei valori che investe tutta la civiltà occidentale, fosse necessario più che mai il ripensamento dell’orizzonte di senso entro il quale riflette e agisce la nostra società e delle nuove ideologie, sorte con il crollo di quelle del Ventesimo secolo e con la globalizzazione.

Il patrimonio culturale: non petrolio, ma ossigeno

La cultura genera ricchezza, più che dal punto di vista economico, in termini di civilizzazione, umanità e coesione sociale: diritti fondamentali della persona che rappresentano il fine ultimo a cui dovrebbe tendere, coerentemente con quanto previsto dalla Costituzione, l’azione di tutela del paesaggio e del patrimonio culturale. Nessuno però, nemmeno a sinistra, ha mai inteso il ministero per i Beni culturali come un ministero dei diritti, né tantomeno si è visto un programma politico che associ il patrimonio culturale al concetto di cittadinanza, all’integrazione e all’educazione. Quanto siamo disposti a fare e investire per rimanere umani e civili?

Roma capitale della cultura

Roma è oggi priva di un progetto organico per la valorizzazione del suo immenso patrimonio storico-archeologico. Ci sarebbe invece bisogno di una ricomposizione di questa inestimabile ricchezza, periodo per periodo, e di una concertazione tra luoghi normali, siti archeologici, tessuto urbano e musei, città e campagna. Bisognerebbe insomma dar vita a un pensiero al contempo analitico e sintetico, scientifico e comunicativo, capace di investire l’insieme di Roma, secondo un’idea umanistica rinnovata, all’altezza dei tempi. Ciò la renderebbe nuovamente universale, in grado di spiegarsi, raccontarsi, confrontarsi con altri passati e presenti, per un futuro che sappia riconoscere e valorizzare le diversità nel destino comune del globo.

Scuola e democrazia: un nesso da reinventare

Esiste uno spread che non riguarda la finanza, bensì lo stato culturale dei giovani italiani. Cresciuti in una società consumistica che ha scelto di non investire sull’istruzione, hanno perso il senso dell’utilità di un bagaglio culturale personale, costretti in una scuola minata dalle continue ristrutturazioni interne. Se lo smarrimento della scuola è sintomo dello smarrimento del paese, combattere l’impoverimento intellettuale non può essere questione esclusiva degli addetti ai lavori, ma deve interessare tutti.


Concreta, forte e autorevole: una scuola a misura di presente

Di fronte all’impatto della crisi attuale, le generazioni future saranno chiamate a un compito di radicale correzione del modello di sviluppo seguito negli ultimi decenni. Una scuola davvero autorevole, pertanto, dovrebbe partecipare alla formazione di una nuova dimensione morale e fornire alle giovani generazioni gli strumenti per confrontarsi con le difficoltà e la complessità del presente.


Le reazioni sociali alla crisi cognitiva

Quali sono le ragioni delle proteste giovanili, e specialmente di quelle della forza lavoro scolarizzata e precarizzata? Esse affondano le radici nella crisi cognitiva che è la chiave per comprendere la sindrome del declino italiano ed europeo. Difficile farsi ascoltare e trovare ascolto in una situazione bloccata tra bassa crescita e alto debito pubblico.


Surfing the tsunami, la diffusione della cultura di massa

Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha avuto effetti anche dal punto di vista sociologico, grazie alla creazione di un modo di comunicare e di un concetto di informazione totalmente inediti. Il risultato è stata la nascita di una nuova cultura di massa dai contorni ancora indefiniti ma ricca di interessanti spunti di analisi e riflessione.


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