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Cronache di una stagione straordinaria

Pubblichiamo di seguito il racconto, intimo e particolarissimo, dei giorni eccezionali del referendum Monarchia-Repubblica e della stagione costituente visti con gli occhi di una ragazzina napoletana che eletti in quella Assemblea aveva entrambi i genitori. E che avrebbe poi vissuto, da protagonista, alcune delle pagine più intense, oltre che terribili, della storia della nostra democrazia.

Regionalismo e sistema delle autonomie, dalla costituente a oggi

Il tema del rapporto tra governo centrale e sistema delle autonomie ha segnato, con alterne vicende, la storia del nostro paese dalla fase costituente fino ai giorni nostri. Siamo oggi di fronte al manifestarsi di una convergenza di giudizi scettici sull’esperienza regionalistica che, denunciandone gli sprechi e le inefficienze, invocano il suo superamento a favore dello Stato centrale. Occorre però interrogarsi sul senso di questa inversione di rotta nel momento in cui vediamo spostarsi verso l’UE il ruolo potestativo e organizzativo esclusivo degli Stati e sui rischi che può comportare una ulteriore marginalizzazione di forme istituzionali intermedie sul piano della identità e della coesione sociale, e quindi della democrazia.

La fine della funzione costituente dei partiti

A settanta anni di distanza, l’esperienza dell’Assemblea costituente conserva grande fascino. Appare un esempio cui continuare a ispirarsi. Sorprende, in particolare, la capacità che ebbero allora i partiti di accantonare calcoli angusti e interessi limitati, superando fortissime contrapposizioni ideologiche per realizzare un “compromesso costituzionale” di grande respiro. Ne è scaturita una Costituzione che ha mantenuto nel tempo notevole vitalità, sopravvivendo alla scomparsa delle forze che lo hanno generato. Ma la memoria della fase costituente pone oggi un problema scomodo. L’accordo tra i partiti che ha portato alla Costituzione ha rappresentato l’espressione più alta di una democrazia consensuale che in Italia è stata abbandonata dall’inizio degli anni Novanta. È subentrato un bipolarismo aspramente conflittuale e poco compatibile con la funzione costituente dei partiti. Con questo problema è necessario misurarsi, se si vogliono ricordare la Costituente e la Costituzione in modo non meramente celebrativo o retorico.

I caratteri originari della Repubblica nel mondo bipolare

I tratti peculiari della Repubblica democratica nata all’indomani del secondo conflitto mondiale e figlia della lotta antifascista furono profondamente segnati dalla collocazione del nostro paese nel nascente ordine bipolare e dalla divisione in blocchi contrapposti dello spettro politico nazionale che ne derivò. La storia della democrazia italiana fu segnata da questo dato originario, ma non fu mai sovvertita da esso. I padri della Repubblica compresero i vincoli e le interdipendenze internazionali come un dato inevitabile del mondo globale e come il necessario tessuto di una democrazia moderna; governarono e civilizzarono le divisioni storiche e le potenziali conflittualità della comunità nazionale, consapevoli che l’Italia non è costituita da due nazioni, ma da una sola.

Le madri della Repubblica italiana. Nilde Iotti nell’Assemblea costituente

La Repubblica italiana ha dei padri e delle madri. Tra queste ultime un ruolo di assoluta protagonista spetta senza dubbio a Nilde Iotti. Eletta all’Assemblea costituente il 2 giugno 1946 – per la giovane costituente la più grande “scuola di democrazia e di sentimenti” –, fu tra le promotrici delle grandi battaglie delle donne, ideatrice di una politica innovativa sulla famiglia, sulle tutele da costruire per essa e sulla emancipazione femminile. Si contraddistinse anche per il suo impegno sul tema delle riforme costituzionali.

Protagoniste nonostante tutto. Il difficile cammino del voto alle donne

A settanta anni dall’introduzione del suffragio universale in Italia è possibile tracciare un bilancio del complesso e intricato cammino compiuto dalle donne per conseguire il diritto di voto. Un percorso non certo ininterrotto e privo di ostacoli verso la vita democratica; tuttavia, le grandi lotte civili di questi anni non sono state infeconde e, nonostante ancora molto debba essere fatto, si può ragionevolmente pensare che costituiscano non solo un patrimonio cui ispirarsi ma la testimonianza dell’irriducibile tensione delle donne italiane a essere, tra molte difficoltà, soggetto protagonista della scena pubblica.

Settanta anni dalla nascita della Repubblica. Elogio di una classe dirigente

Nei mesi cruciali che segnarono la nascita della Repubblica italiana, la nuova classe dirigente che aveva assunto su di sé le sorti della nazione risorta a indipendenza, libertà e democrazia, diede grandi e molteplici prove di sapienza e, con saggezza e lungimiranza, riuscì a garantire continuità di istituti storici e di risorse umane tra lo Stato ereditato dal fascismo e quello postfascista. L’opera di quella classe dirigente illuminata è durata fino agli ultimi decenni del Novecento. Ma da ormai non pochi anni è aperto un cantiere da cui resta difficile prefigurare quel che nascerà e si consoliderà nell’assunzione di responsabilità di lungo periodo per le sorti del nostro paese.

La scelta repubblicana nella ricostruzione della democrazia italiana

Compie settanta anni la scelta repubblicana del popolo italiano, che pose le basi del nostro ordinamento democratico e diede maggior forza a quei principi personalisti e solidaristi che poi divennero l’anima della Costituzione. Il 2 giugno del 1946 fu un punto di svolta, e al tempo stesso un traguardo storico. Il cammino unitario della nazione poté riprendere dalle macerie lasciate dalla dittatura, dopo le atrocità della guerra e dell’occupazione nazista, grazie a quello spirito di cittadinanza, di condivisione, di corresponsabilità che scaturì proprio dalla professione repubblicana. La lotta di liberazione e il diffuso desiderio di pace e di libertà erano riusciti a cementare un nuovo sentimento patriottico, mostrando agli italiani un bene comune capace di andare oltre le ideologie e gli interessi diversi.

Si fa presto a dire presidenzialismo

Negli ultimi due anni, il capo dello Stato ha indubbiamente fatto un uso estensivo delle prerogative che gli sono attribuite. Eppure interpretare questi sviluppi come l’imporsi di una forma di presidenzialismo sarebbe fuorviante, perché il presidente non si è arrogato poteri che non gli spettano ma, in un quadro di crisi di sistema, ha agito da impulso per rimettere in moto il sistema politico.

La lunga storia costituzionale europea

La storia costituzionale europea inizia con l’Assemblea costituente francese del 1789, per poi acquistare nuovo vigore nel secondo dopoguerra sino ad arrivare alla ratifica del Trattato di Lisbona: un risultato importante, tuttavia non adeguato ad affrontare le sfide di questo nuovo secolo. Per unire un’Europa politicamente sempre più divisa può essere utile recuperare l’idea del “federalismo costituzionale” teorizzato da Altiero Spinelli.

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